La storia di Ruggero non iniziò certo nel migliore dei modi. Figlio di Richard von Blume, un cavaliere e falconiere tedesco giunto in Italia al seguito di Federico II e di una nobildonna di origine italica, nacque pochi mesi prima o dopo la battaglia di Tagliacozzo, che segnò la fine del dominio svevo sull'Italia del sud, nel 1268. Il padre morì nel corso dello scontro campale lasciando la vedova e il figlioletto costretti a fuggire dalle proprie terre con appena quello che la donna poté portare con sé. I due esuli trovarono rifugio in una baracca in riva al mare, nei pressi del porto di Brindisi.
Proprio in quell'ambiente duro e affascinante allo stesso tempo trascorse la fanciullezza Ruggero. Sono anni di estrema povertà alla quale cerca di sopperire racimolando qualche soldo aiutando a scaricare le stive e a ormeggiare le imbarcazioni, accompagnando i marinai per bettole e bordelli e dedicandosi a tutte quelle piccole attività collaterali tipiche di un'area ricca di attività come solo un porto può essere. Nel frattempo ascoltava i racconti di viaggi e terre lontane, assaporando il dolce presentimento di avere una possibilità di . Infatti non ha mai dimenticato suo padre, né sua madre ne ha obliato per timore il nome -da Fiore è la traduzione italiana di Von Blume-. Così, a dieci anni, ottenne il permesso dalla madre di imbarcarsi su una galera di proprietà dell'Ordine dei Templari.
Nei successivi dieci anni il destino getterà le solide fondamenta della sua epopea. Compiuti i venti anni d'età, visti i meriti ottenuti al servizio dell'Ordine, Guillaume de Beaujeu, Gran Maestro templare lo nomina fratello servente. All'ingresso nella congrega monastico militare fa seguito, poco dopo, il comando di una delle principali imbarcazioni da guerra dei templari: il Falcone. Partecipa, nel maggio del 1291, alla difesa di Acri, ultima roccaforte cristiana degli ormai estinti regni d'Outremer. Non vi sono menzioni particolari della sua prodezza durante gli scontri, è però certo che a un certo punto accolse a bordo diverse decine di profughi -sembra quasi tutte donne, nobili e disposte a tutto pur di essere tratte in salvo- e, fatto questo ancora abbastanza controverso, caricò un abbondante tesoro in gran parte di proprietà dell'Ordine (Vicenda, questa, che se la scoprissero Giacobbo e company verrebbe collegata subito con l'allineamento di Giove all'asse terrestre alla fine del tredicesimo secolo e la presenza di alieni con teste di cristallo fra le fila dei saraceni 😄). Fatto questo salpò, più simile a un predone di ritorno da una soddisfacente scorreria che a un cavaliere templare del nostro immaginario.
Denunciato al papa Ruggero non si scompose poi molto. Approdò a Genova si accordò con Ticino Doria per fare da scorta alle sue navi da carico, occupando i tempi morti di questa attività con azioni piratesche ai danni dei nemici della città ligure. Nel corso di queste audaci quanto feroci spedizioni entrò in contatto con i contendenti della Guerra del Vespro, in corso dal 1282. Prima approcciò Carlo d'Angiò, pupillo del papa, e forse dietro questa decisione vi fu il tentativo di calmare i bollori dei templari nei suoi confronti. La trattativa però naufragò quasi subito e allora Ruggero passò dalla parte di Federico d'Aragona il quale colse in pieno il potenziale di un uomo come il da Fiore. Gli affidò una piccola flotta di una dozzina di navi e permise di reclutare l'equipaggio fra le unità di fanteria leggera (passatemi il termine moderno) giunte dalla Catalogna in Sicilia. Questi combattenti sono a noi noti come Almogaveri (anche Mogaveri, Almugaveri, Almogravi ecc.) e avremo modo di conoscerne il valore nel prossimo approfondimento.
Alla testa degli Almogaveri Ruggero combatté con valore e compì imprese che lo renderanno noto nel Mediterraneo e amato dai suoi sottoposti tanto che, a guerra conclusa (pace di Caltabellotta, 1302) essi lo seguiranno fedelmente verso il Levante.
Ruggero infatti, chiesto il congedo a Federico, aveva stipulato un accordo con l'imperatore d'Oriente Andronico II Paleologo. L'impero di bisanzio era ormai un'ombra di sé stesso ma il suo non era certo un pacifico declino: gli ormai scarsi territori sottoposti a Costantinopoli erano sotto costante assedio. Regni balcanici, turchi, genovesi, franchi e veneziani ognuno voleva un pezzo d'Impero. Servivano costantemente mercenari per combattere queste guerre e Ruggero avrebbe condotto con sé un piccolo e agguerrito esercito, dotato delle capacità operative ideali per quel genere di conflitti. Il contratto fu la consacrazione di una vita volta passata nello sprezzo del pericolo e alla costante ricerca di ricchezza e affermazione di sé. Ruggero venne nominato Granduca e generale del mare, ottenendo la mano della nipote dell'imperatore, Maria. Inoltre assicurò ai suoi uomini quattro mesi di paga anticipata, tra l'altro superiore alla media perfino per i ranghi più bassi della Compagnia.
Ruggero giunse in Oriente e cominciò a vincere una battaglia dietro l'altra. Analizzerò i motivi dell'efficacia militare della Compagnia Catalana nel prossimo articolo. Oltre che valorosi, però, i suoi combattenti si dimostrarono avari e ingordi oltre ogni modo. Racconta Raimondo Muntaner, uno dei cronisti che ci hanno tramandato la vicenda, che Ruggero fu convocato per rendere conto dei debiti contratti dagli Almogaveri e lui, in spregio alle richieste dei creditori e in totale autonomia, dichiarò seduta stante affrancati da ogni accusa i suoi uomini i quali presero "a baciargli le mani e le vesti, vedendo in lui come un Messia". Un simile atteggiamento non poteva condurre che a un tragico epilogo. Michele, il figlio di Andronico, non accettò la nomina di Ruggero a Cesare, estorta in cambio della restituzione dei territori riconquistati ai Turchi. Con l'aiuto dei genovesi -che l'avevano carica con i catalani sin dal loro arrivo- ordì una trama per liberarsi dei mercenari. Il 5 aprile del 1305 Ruggero e un centinaio dei suoi comandanti furono assassinati durante un banchetto a Adrianopoli. La Compagnia Catalana però non si sfaldò e resistette grazie alla guida di Berenguer d'Entença. La terribile vendetta che ne seguì portò alla devastazione della Macedonia e della Tracia ed ebbe, come epilogo, la creazione di un ducato almogavero nell'Attica, destinato a durare una settantina di anni.
La storia di Ruggero da Fiore è giunta fino a noi grazie alle cronache di Raimondo Muntaner e di Bernard Desclot. Il primo fu testimone oculare dell'esperienza di condottiero di Ruggero in Oriente che vi narrerò nel prossimo approfondimento.
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