Oggi voglio raccontarvi di un intrigo dalla lunga gestazione ma dall'esito irrevocabile. Una vera e propria usurpazione, quasi un golpe in stile anni settanta, con tanto di feroce propaganda volta a distruggere l'avversario a livello morale.
Il re detronizzato è l'orso. Un animale caro alla cultura celtica, slava e germanica, dotato di forza e caratteristiche umane ascrivibili tutte al "buon" (per loro) capo. Esistono studi -Irving Hallowell "Bear ceremonialism in northern hemisphere"- che ne attestano la venerazione sin dal neolitico, come animale totem. La tradizione orale prosegue nei secoli e supera quasi indenne il periodo romano, di fatto molto tollerante nei confronti di culti locali se innocui ai fini dell'ordine pubblico. Una delle cause della grande popolarità dell'orso va sicuramente attribuita al suo aspetto antropomorfo, fra popolazioni meno inclini al filosofeggiare sull'anima e l'invisibile.
L'orso non solo può reggersi sulle zampe posteriori ma ha anche una forza straordinaria, un carattere indomito e regale. Caratteristiche elitarie, degne di uomini destinati a guidare il proprio popolo alla gloria e al trionfo. Il più forte dei "combattenti" animali non poteva che ispirare dunque anche paralleli con l'equivalente guerresco umano.
A tal proposito come non citare le figure, in gran parte mitizzate, dei folli guerrieri ber-serkir vestiti -ma molto spesso svestiti, preferendo mostrare i gioielli di famiglia in battaglia- di pelli di orso (andavano molto anche i lupi e le renne NdA).
Ma c'è di più, perché un vero guerriero non praticava certo l'astinenza, al contrario l'appetito sessuale doveva andare di pari passo con la fame di cibo e la sete di sangue. E l'orso era ritenuto una sex machine di prima classe. Inoltre era credenza diffusa che lo facesse more hominum, sì: come gli uomini! Tutta colpa di Plinio il Vecchio che nel libro VIII della sua Naturalis historia scrisse Eorum coitus hiemis initio, nec vulgari quadrupidem more sed ambosus cubantibus complexisque - L'accoppiamento di questi ultimi ha luogo all'inizio dell'inverno e non avviene nel modo consueto di tutti i quadrupedi, ma i due animali stanno sdraiati e abbracciati. Da qui a ipotizzare incontri animaleschi con prosperose ragazza umane il passo dovette essere immediato.
L'antropologo Daniel Fabre, nel suo studio Jean de L'ours, raccoglie decine di versioni dell'omonimo racconto popolare. La vicenda narra di una donna rapita da un orso e del figlio nato dalla violenza dell'animale, una delle leggende più popolari dei Pirenei. Il ragazzo salverà la madre e vivrà una serie di avventure fino al lieto fine, sposando una principessa.
L'orso possedeva dunque caratteristiche molto particolari. Riuscite a indovinare a quale istituzione tutto questo non potesse proprio andare giù? Alla Chiesa, ovviamente. In fondo essa mal tollerava negli uomini atteggiamenti violenti e lascivi, figurarsi accettare l'influenza dell'orso che se proprio non dall'inferno, sicuramente da Gomorra sembrava provenire. Il re, umano, era scelto dal Signore, il paragone con quello degli animali non andava per niente bene...
Ursus est diabolicus
Afferma Sant'Agostino nel XVII capitolo del suo "Sermones" e la frase divenne una sorta di mantra. Il Nemico andava combattuto, distrutto e ovviamente sostituito perché un capo occorreva sempre, ma più incline ai valori del Cristo piuttosto che alle oscure tradizioni delle foreste.
Per compiere l'operazione occorsero secoli ma il piano era caparbio e soprattutto seguì un preciso metodo che lo rese infallibile. Prima di tutto occorreva demonizzare la belva, e come abbiamo visto si partì da lontano, con Sant'Agostino e non mancano le finezze filosofiche. L'orsa viene considerata più forte del maschio della sua specie e questo era un difetto, fin troppo marcato in un'epoca che non brilla certo per i diritti delle donne. Tommaso di Cantimpré nel suo Liber de natura rerum non usò mezzi termini e affermò che solo un altro animale diabolico aveva questa caratteristica: il leopardo (ne parleremo meglio più in là). L'orsa viola le leggi di Dio che ha creato le femmine sottoposte ai maschi in tutto il creato. Tranne dove il diavolo è riuscito a mettere lo zampino, ovviamente.
Una volta stabilita l'affinità fra il Nemico pubblico numero uno (Satana) e l'animale orso, fu il momento di domarlo, di strapparlo via dalle profondità delle foreste nelle quali regna. Toccò ai Santi il lavoro sporco: eccoli dunque impegnati a combattere orsi mangiatori di asini, come Sant'Amando che costrinse la belva a portare la soma al posto dell'asinello assassinato; oppure San Vaast che aggiogò l'orso che ha ucciso il suo bue all'aratro e lo obbligò a terminare il lavoro nei campi. San Gallo addirittura schiavizzò un gigantesco orso e ne sfruttò la formidabile forza per costruire l'eremo che evolverà nell'omonima abbazia.
Da ultimo il colpo finale, la "damnatio memoriae" che non può certo obliare la presenza fisica dell'animale ma dissolve la sua regalità. L'orso venne ridicolizzato. Portato in giro con una museruola, pungolato alle fiere, costretto a ballare davanti al popolino che non lo teme più, il gigante detronizzato perse il rispetto e si obliò il ricordo della sua autorità in brevissimo tempo. Gli uomini di Chiesa erano sempre disposti a chiudere un occhio nei confronti dei pur sempre mal tollerati saltimbanchi: era sufficiente che essi portassero con loro un orso reso macchietta di sé stesso. E così, a partire dal XIII secolo, gli orsi scomparvero dagli elenchi dei serragli e dei regali più preziosi per i re e i nobili maggiori, segnale evidente dell'ignobile fine del suo prestigio.
L'orso, sconfitto, venne sostituito da un nuovo re. Il leone salì sul trono e lo artigliò così stretto che ancora oggi la sua dinastia regna indisturbata sul mondo animale.
Perché proprio il leone? Questa è tutta un'altra storia...
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