Se parliamo di mercenari durante l'epoca medievale il pensiero corre agli anni centrali del Trecento e lì si sofferma, con caparbietà. L'immaginario comune tende infatti a concentrarsi sull'epopea travagliata delle grandi compagnie e dei condottieri che per circa tre secoli furono protagonisti della storia europea e in particolare della nostra penisola.
Per anni c'è stata, in effetti, la tendenza a dividere in due periodi netti la logistica della guerra nel medioevo, ritenendola feudale fino allo scoppio della Guerra dei Cent'anni, e basata sui mercenari in seguito. Una forzatura, questa, che cozza con i risultati che si evincono da qualsiasi studio più approfondito.
Enrico I d'Inghilterra, detto il Chierico, è noto per aver fatto ampio utilizzo dello scutagium (anche escuagium o scuagium), ossia la possibilità per un suddito della corona in obbligo di servizio armato di ovviare allo stesso tramite il pagamento di una tassa che avrebbe permesso l'ingaggio di mercenari. Siamo nei primi anni del 1100. L'importo pro capite si aggirava intorno a due terzi di un pound -il quale corrispondeva a una libbra d'argento, all'incirca mezzo chilo- ed è noto che l'aumento fino a tre pound (uno sproposito!) da parte di re Giovanni il Senza Terra portò alla sollevazione di molti dei suoi baroni, con conseguente nascita della Magna Charta. E, per inciso, re Giovanni combatté gli insorti con un uso spropositato di mercenari tanto da prosciugare le casse dello stato, a fronte di successi comunque importanti come la campagna invernale del 2014-15.
Andando più indietro nel tempo non possiamo fare a meno di notare che la grande avventura normanna nel sud d'Italia ebbe origine dallo spostamento di un certo quantitativo di ambiziosi guerrieri che inizialmente vendettero le proprie spade, salvo poi decidere di fare da soli e di conquistare i territori che le forze autoctone non erano in grado di difendere. Una situazione non certo dissimile da quella che vedrà protagonisti Francesco Sforza, Alberico da Barbiano, Gattamelata e così via, in ordine rigorosamente sparso, tutti gli altri Condottieri protagonisti del crepuscolo del Medioevo. Fare similitudini studiando gli eventi storici, però, è sempre una mossa azzardata, lungi quindi da me il voler trovare minimi denominatori comuni fra epoche e situazioni decisamente differenti fra loro. L'unica certezza rimane il fatto che le "spade assoldabili" sono sempre esistite.
Sempre rimanendo nel meridione italiano come non menzionare i 700 cavalieri suebi che combatterono con grande valore contro i normanni al soldo, letteralmente, di Papa Leone IX il quale si trovò costretto ad assoldare mercenari durante il viaggio di ritorno dalla corte dell'imperatore tedesco dove aveva sperato, invano, di ricevere aiuto in chiave anti-normanna. Enrico III non poté fornire armati ma permise al Papa di reclutare nel suo regno. Il contingente germanico che riuscì a radunare fu poi distrutto nella successiva battaglia di Civitate (giugno 1053), un trionfo normanno dalle enormi ripercussioni storiche.
Guglielmo il Bastardo, perseguendo il suo scopo di cambiare soprannome e divenire il Conquistatore, portò con sé a Hastings (ottobre 1066) una forza eterogenea di alleati, vassalli e mercenari, quest'ultimi arruolati però nelle vicine Fiandre e nella Bretagna che non si sentiva né franca né normanna.
Si potrebbe inoltre aprire un intero capitolo solo accennando alla fame di combattenti dell'impero di Bisanzio. Mercenari da ogni dove combattevano per (e a volte rivoltandosi contro) il Basileus. Fra i più famosi e fedeli i Variaghi della Guardia, l'unità più celebre dell'intero periodo per gli appassionati di guerra medievale.
L'avventura cavalleresca, circoscritta nei codici comportamentali eticamente accettabili nelle Chanson de Geste, molto spesso traeva ispirazione dal fermento che coglieva i membri guerrieri di una società dove occorreva un'inquadramento di tutti ma che a causa della sua rigidità e fragilità allo stesso tempo era facile creasse sbandati, dei mal collocati a voler essere specifici, perché i termini dispregiativi quali reietti e vagabondi vanno bene per descrivere la situazione ma sono poco calzanti se conferiti a giovani audaci nel pieno delle loro forze e abili nel combattere.
Guglielmo di Malmesbury, Orderico Vitale e altri raccontano di milites stipendiarii che, allo sciogliersi del contratto che li vincolava a re e duchi, divenivano ruptores, saccheggiatori, cotherelli, consociati, che vagavano lungo i confini di quelli che erano stati i teatri operativi della campagna militare che li aveva visti impegnati, pronti a essere ingaggiati da chiunque potesse pagarli o a prendere con la forza quel di cui abbisognavano per sopravvivere e per soddisfare la propria ingordigia. I brabantini di Higounet di Brouges, antagonisti dei primi due volumi del Ciclo Il Giglio e il Grifone, altro non erano che una consorteria guerriera pronta a seguire il richiamo dell'argento ovunque li avesse portati, purtroppo per Ademar e i suoi uomini.
Compagnie di questo genere giocarono un ruolo chiave durante il regno di Riccardo Cuor di Leone, come forza pronta a essere reclutata al suo ritorno dalla prigionia in Austria. Secondo Guglielmo di Newburgh, cronista coevo, il re assoldò un'armata di stipendiarii nel Poitou e nel Limousine con la quale riprese gli scontri contro il re di Francia. Uno dei capitani viene anche citato per nome, tale Mercadier, il quale servì con costante fedeltà il re e fu incaricato, quando Riccardo partì per l'Oriente, di mantenere il controllo dei castelli dell'Anjou in suo nome.
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