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Immagine del redattoreGiovanni Melappioni

Le donne guerriere di Tortosa!

Aggiornamento: 28 feb 2020

"Date alle donne occasioni adeguate ed esse potranno fare tutto." -Oscar Wilde-

Questa è la storia che si fonde con la leggenda di un gruppo di donne coraggiose, ma così coraggiose che nel lontano XII secolo venne fondato un ordine cavalleresco ad hoc per onorarne le gesta.

Siamo nel 1148, Berenguer IV conte di Barcellona ha colto al balzo l'occasione offerta l'anno precedente con la predicazione della Seconda Crociata e ha approfittato per aprire una filiale di reclutamento di aspiranti guerrieri della Croce nelle sue terre.


Questa Drolerie mostra l'eroica Nicola de la Haye (ne parlerò approfonditamente) ma rende bene l'idea della difesa di Tortosa. Dal Manoscritto dei decreti di Smithfield, raccolta di documenti redatta nel XIV secolo.

Immagine di Ramon Berenguer tratta dal Liber Feudorum Maior compilato da Ramon de Caldes per re Alfonso II di Aragona. 

I suoi principali nemici sono i Mori di Spagna i quali, in quanto mussulmani dichiarati, rientrano perfettamente nel target specifico dei movimenti rispondenti al marchio registrato "Morte agli infedeli". Con gli armati giunti dall'Inghilterra, dal sud d'Italia e da Genova il conte crea un potente esercito e inizia la "sua" crociata. Nel corso della spedizione si impadronisce di un territorio enorme, ponendo di fatto gli attuali confini della Catalogna. Fra le numerose città conquistate c'è Tortosa, dopo cinque mesi d'assedio. Siamo in prossimità dell'inverno, le operazioni cristiane devono essere fermate ma l'armata non può svernare in città, troppo provata dai recenti eventi. Berenguer è costretto a spostarsi, lasciando dietro di sé una minuscola guarnigione. Questa almeno la versione più probabile fra quelle proposte per l'improvvisa partenza dei crociati.





Gli Almohadi, la dinastia al potere nel Maghreb e nel Bilad al-Andalus -la Spagna islamica- erano guidati da 'Abdul al-Mu'min, non certo uno sprovveduto. Approfittando del momento di sbandamento dei cristiani, si gettano all'assedio di Tortosa, per farne il punto focale da cui riprendere l'iniziativa e sconfiggere l'odiato Berenguer. Il consiglio cittadino decide di resistere, pur sapendo che le possibilità di vittoria sono quasi nulle.


Tortosa nel 1563. Disegno a carboncino di Antoon van den Wyngaerde

C'è un solo fattore che gioca a favore dei difensori. Berenguer e la sua crociata spin-off non hanno abbandonato del tutto il campo, se si riuscisse a tenere duro, respingere almeno queste forze, poi si avrebbe del tempo per fortificare meglio la città e attendere l'arrivo del signore di Barcellona. E' a questo punto che intervengono le coraggiose cittadine: se la città cadesse, dal momento che non è stata scelta la resa immediata, il saccheggio sarebbe terribile. Non ci sarà scampo per nessuno. Si presentano allora davanti al consiglio cittadino vestite da uomini, armate di bastoni, falci, accette -l'ho sottolineato di proposito- e insieme ai pochi guerrieri maschi presenti si lanciano in una sortita fuori delle mura. Poco o nulla si conosce dei dettagli di questo scontro ma la vittoria è dei cristiani, l'assedio è scongiurato. Azzardo l'ipotesi che l'obiettivo fossero, come spesso accade in questi casi, i macchinari d'assedio; incendiati i quali agli attaccanti non resterebbe che tentare di prendere la città per fame. Visto che Berenguer non è lontano il tempo di attendere non c'è, questa opzione è preclusa agli assedianti. Non si può nemmeno escludere che il tutto si sia risolto in una dimostrazione, lungo gli spalti, di un gran numero di armati, troppi per poter sperare di vincere continuando gli assalti. Sia come sia, l'assedio viene tolto e la città salvata.


Il blasone scolpito nella pietra del chiostro della Cattedrale

Berenguer, venuto a sapere dell'evento, immensamente grato per l'aiuto giunto nel momento di massimo bisogno proprio da chi avrebbe dovuto proteggere, si prodiga con vera galanteria nei confronti delle eroine. Garantisce loro immunità speciali, dalle tasse e dalle consuetudini che generalmente le vedrebbero in un ruolo di secondo ordine -per esempio non dovevano più, da quel momento, cedere il passo al marito nell'entrare in chiesa ma potevano farlo camminando alla destra del compagno-. Suggella questi diritti fondando un Ordine, a imitazione di quelli cavallereschi in gran voga in quegli anni. L'esclusivo club prenderà  il nome di Ordine dell'Accetta, l'Orden de la Hacha, dotandosi di un blasone che riporta proprio un'accetta, a mio avviso non solo rimando all'arma prevalente fra le donne guerriere di Tolosa ma anche del guasto, della distruzione delle macchine ossidionali. L'unica congrega di genere cavalleresco i cui membri furono solo e esclusivamente donne. Il testimone più prossimo agli eventi appena narrati è Raimon de Miraval, un cavaliere e trovatore originario di Carcassone che scrisse diversi componimenti in lingua d'Oc inerenti la cavalleria e l'amor cortese.


Il primo "saggio", per così dire, è però del 1557, scritto da un certo Josif Micheli Marquez, al quale fa riferimento, un secolo più tardi, l'inglese Elias Ashmore nel suo "The Institution, Laws, and Ceremony of the Most Noble Order of the Garter (1672)". Le fonti sono alquanto scarne, l'istituzione infatti non sopravvisse alle donne insignite di tale onore, il tempo si è portato via nomi e dettagli ma il blasone dell'Accetta è ancora là, nella Cattedrale di Tortosa, eterno ricordo delle militissae che salvarono la città.




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