UN PUGNO DI FIERI CONTADINI SCONFIGGE L'ARMATA DI UN RE! La Battaglia di Hemmingstedt ebbe luogo il 17 febbraio 1500 a sud del villaggio di Hemmingstedt, vicino all'attuale villaggio di Epenwöhrden, nella parte occidentale dell'odierna Schleswig-Holstein, in Germania.
Fu un tentativo del re Giovanni di Danimarca e di suo fratello, il duca Federico, co-duchi di Schleswig e Holstein, di sottomettere la popolazione contadina di Dithmarschen, che aveva istituito una repubblica contadina sulla costa del Mare del Nord.
La Repubblica contadina di Dithmarschen fu una realtà storica particolarissima e affascinante del Medioevo europeo, soprattutto per il suo carattere unico di autonomia e autogoverno in un periodo dominato da forme di potere declinate secondo i legami aristocratici. Situata nel nord della Germania, lungo la costa del Mare del Nord, nel territorio che oggi appartiene allo Schleswig-Holstein, questa regione prevalentemente agricola riuscì a mantenere la propria indipendenza dal XII fino al XVI secolo, in gran parte grazie alla determinazione e alla resistenza dei suoi abitanti.
Dithmarschen era abitata da comunità di contadini liberi, che sin dall'Alto Medioevo difesero con forza la propria indipendenza dall’autorità feudale. Nonostante le pressioni dei potenti conti di Holstein e degli altri nobili vicini, i contadini riuscirono a evitare la sottomissione, mantenendo uno status di assoluta autonomia raro per l'epoca.
Il cuore del sistema di governo di Dithmarschen era rappresentato da un consiglio chiamato i "48 uomini", composto da capi locali e rappresentanti delle principali famiglie. Questo consiglio gestiva tutte le questioni politiche e giudiziarie, garantendo ai contadini una sorta di "democrazia" autonoma, in netto contrasto con il sistema feudale che prevaleva in gran parte dell'Europa. Attraverso questa struttura, la popolazione locale riuscì a mantenere un equilibrio di potere interno, senza bisogno di un'autorità esterna per governare. Nonostante il loro spirito indomito, la fine dell'indipendenza arrivò nel 1559, quando una coalizione di forze composta dai duchi di Schleswig e Holstein e dal re di Danimarca riuscì a sopraffare la resistenza di Dithmarschen. Dopo la sconfitta, la regione venne divisa in due parti, e l'autonomia tanto difesa venne abolita.
Ma torniamo al febbraio del 1500 quando, al pari delle milizie dei Cantoni svizzeri, gli umili ma fieri uomini del Dithmarschen affermarono sul campo di battaglia, contro ogni pronostico, la propria indomita volontà di vivere liberi.
Forze in campo
L'esercito ducale era composto dalla "Grande Guardia", 4.000 Landsknecht guidati dal nobile Thomas Slentz, 2.000 cavalieri corazzati, circa 1.000 archibugieri e 5.000 fanti. I difensori, invece, erano circa 6.000 uomini, uomini di chiara prestanza e valore ma tutti provenienti dalla leva contadina messa insieme per l'emergenza.
Wulf Isebrand decise di dare battaglia, pur in inferiorità numerica, sia perché non vi erano alternative che non comportassero la perdita di ogni libertà sia perché aveva visto un'opportunità nel terreno dove poteva attestare i suoi uomini per contendere il campo ai nemici. C’era una sola strada utilizzabile tra Meldorf e Heide, sopraelevata rispetto ai campi circostanti. Una leggera altura dominava il paesaggio, altrimenti piatto. Durante la giornata e fino a notte inoltrata, la milizia contadina trasformò questa piccola elevazione in un terrapieno difensivo, bloccando efficacemente il passaggio sulla strada. Isebrand ordinò quindi di aprire le chiuse dei vicini argini, allagando i terreni intorno alla barriera, in quella che poteva essere considerata un'azione disperata, sul momento, ma che si rivelerà decisiva per la sottovalutazione che ne fecero i suoi avversari.
Inizio della battaglia
La mattina del 17 febbraio, l'esercito danese lasciò le rovine di Meldorf, ma venne presto accolto da neve, pioggia e grandine, nonché raffiche di venti sferzanti e gelidi. Procedendo verso nord lungo la strada sopraelevata, gli invasori notarono che i campi ai lati erano intrisi d’acqua, rendendo quasi impraticabile l’area per i circa 12.000 uomini in marcia. Verso mezzogiorno, i danesi si avvicinarono alla città di Hemmingstedt, dove si trovarono di fronte un terrapieno difensivo che bloccava la strada. Un po' di ricognizione rivelò che centinaia di miliziani stavano difendendo le fortificazioni. I Dithmarsiani erano nettamente in inferiorità numerica, almeno 15 contro uno.
Con uno slancio di arroganza cavalleresca, il comandante della Guardia Nera, Thomas Slentz, mandò un araldo chiedendo che il miglior guerriero dell'esercito contadino lo affrontasse in un duello uno contro uno, per evitare inutili spargimenti di sangue. Non sorprende che l'offerta fu rifiutata, la fama di grande guerriero precedeva l’uomo, tanto che il cronista Pietro il Sassone lo definisce "vir bellicosus et virtute bellica ornatissimus" (uomo bellicoso e adornato di virtù guerriera)
La carica e la resistenza
Non essendoci possibilità di negoziazione e fallito il tentativo di Slentz di fare suo quel giorno con un duello, nel primo pomeriggio iniziò la battaglia. Il fuoco dell’artiglieria aprì le ostilità, ma i cannoni danesi riuscirono a sparare solo pochi colpi perché la pioggia e la neve avevano reso la maggior parte della polvere da sparo inutilizzabile. I Landsknechts, armati di picche e lance, formarono la prima linea dell'esercito danese. Mentre caricavano le fortificazioni dei Dithmarsiani, i membri della Guardia Nera lanciarono il grido di battaglia con il quale avevano messo a ferro e fuoco decine di villaggi nel corso della loro famigerata carriera: “Attenti contadini, arriva la Guardia!”. Gli invasori assalirono il terrapieno della milizia, sfidando il fuoco di cannoni e moschetti ma si trovarono impossibilitati a mantenere la formazione per via del terreno impervio. Nonostante la ferocia dell'attacco iniziale, i contadini riuscirono a tenere la loro posizione erigendo un muro di picche, lance e qualsiasi arma fossero riusciti ad approntare modificando gli attrezzi da lavoro.
I Danesi tentarono di aggirare quell’invalicabile ostacolo centrale manovrando sui fianchi ma solo per scoprire quanto acuta fosse stata la disposizione dell’esercito di Isebrand. Il comandante dei contadini aveva infatti scelto una posizione centrale circondata per tre quarti da campi di cui conosceva bene la natura, in quel periodo dell’anno. I terreni allagati erano diventati una palude ghiacciata e insidiosa. Le aree più profonde risucchiavano gli uomini pesantemente corazzati, trascinandoli nelle acque gelide. Vedendo l’attacco vacillare, Isebrand ordinò un contrattacco sui fianchi dei danesi. Un piccolo gruppo di miliziani lasciò le fortificazioni per colpire il nemico indebolito. I contadini coniarono un efficace grido di battaglia: “Attenti Guardia, arrivano i contadini!”. Poiché indossavano quasi nessuna armatura, i contadini riuscivano a muoversi sui campi allagati, utilizzando lunghe pertiche per scavalcare i canali. Tuttavia, i danesi respinsero questo contrattacco e i Dithmarsiani si ritirarono dietro le loro fortificazioni.
Risollevati dall’aver respinto il contrattacco, i Danesi intensificarono gli attacchi contro il terrapieno dei Dithmarsiani. Per rispondere alla minaccia, Isebrand inviò un nuovo contrattacco. Questa volta i contadini si mossero con più astuzia di prima, sfruttando il terreno in maniera tale da trovarsi sempre in superiorità numerica contro i gruppi di avversari che si muovevano a fatica ai lati della linea di battaglia. Una vera e propria caccia al guerriero in armatura, senza possibilità per eventuali forze non impegnate in combattimento di intervenire se non al rischio elevatissimo di finire in un mortale acquitrino gelido. Presto, la Guardia Nera si trovò in una situazione disperata, stretta tra i contrattacchi della milizia e la resistenza quasi fanatica dei difensori del terrapieno, mentre alle loro spalle i cavalieri danesi e la fanteria premevano per avanzare ammassati per l'unica, stretta via che poteva condurli a contatto con il nemico. Si venne a creare una situazione soffocante, in cui i combattenti feriti o solo spossati non potevano far filtrare le forze più fresche e venivano uccisi dai contadini, o calpestati dai loro compagni quando cadevano a terra sfiniti. Una situazione che ricorda quanto accaduto quasi un secolo prima ad Agincourt. Vedendo che la Guardia Nera era vicina al punto di rottura, Wulf Isebrand ordinò un terzo contrattacco. Il risultato fu devastante! Dopo quasi tre ore di combattimenti incessanti, sotto condizioni climatiche avverse, il morale della Guardia Nera finalmente si spezzò. Ne conseguì un fuggi fuggi generale reso caotico dalla scarsità di spazio. Fu una vera e propria strage quella che seguì. Vedendo la loro unità d'élite in fuga, il resto dell'esercito danese cessò semplicemente di esistere come formazione coerente.
Con solo una strada stretta da percorrere, molti uomini non impegnati nel combattimento cercarono di fuggire attraverso i campi allagati. Di conseguenza, centinaia di soldati danesi annegarono durante la ritirata, mentre altri furono massacrati dai vendicativi miliziani contadini, che non presero prigionieri. Nel tardo pomeriggio la battaglia era finita. L'esercito danese era stato completamente decimato: oltre 1.000 cavalieri persero la vita e più di 800 membri della Guardia Nera morirono, compreso il loro comandante Thomas Slentz. Le perdite totali danesi furono stimate in oltre 7.000 morti e 1.500 feriti. Inoltre, lo stendardo nazionale danese, il Dannebrog, venne catturato. Le perdite tra i Dithmarsiani sono sconosciute, ma si ritiene che furono piuttosto leggere.
Conseguenze
La Battaglia di Hemmingstedt è un esempio emblematico sia per l'uso strategico del terreno che per l'impatto propagandistico che ne seguì. I Dithmarsiani, abili sfruttatori delle condizioni locali, riuscirono a respingere un'invasione superiore, guadagnandosi fama e rispetto. A dimostrazione della loro devozione, fecero voto di costruire un monastero in onore della patrona nazionale, Maria di Nazareth, se fossero riusciti nell'impresa. Nel 1513, per onorare questo impegno, fondarono un convento francescano a Lunden.
Tuttavia, la battaglia non lasciò solo un'eredità religiosa. I Dithmarsiani catturarono diversi stendardi e vessilli dei loro nemici sconfitti, tra cui il celebre Danebrog, che venne esposto per anni nella chiesa di San Nicola a Wöhrden. Questo bottino rimase un simbolo del loro trionfo fino al 1559, quando Federico II di Danimarca, in seguito alla vittoria definitiva contro i fieri uomini del Dithmarschen, impose la restituzione dei vessilli.
Nel corso dei secoli, la battaglia divenne oggetto di narrazioni mitizzate e propaganda. Molti dettagli furono aggiunti per glorificare i difensori, e nel 1900 fu eretto un monumento in loro onore. Questo culto raggiunse il suo apice durante l'era nazista, quando i nomi dei partecipanti alla battaglia vennero utilizzati per scopi propagandistici locali. Oggi, il sito della battaglia ospita un museo più neutrale, che offre una visione equilibrata e commemorativa dell'evento, slegata da finalità politiche.
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It's fascinating to see how the Dithmarschen's use of local terrain and knowledge of their environment gave them the upper hand in such a seemingly hopeless situation. It’s also interesting to note how this event serves as an early example of asymmetrical warfare, where the defending force maximized its advantages despite being outnumbered. Snake Game has been recreated in various forms on different platforms over the years and remains a popular choice for casual gaming due to its simple yet addictive gameplay mechanics.