Oggi vi racconto la storia dei meravigliosi disegni di un fanciullo del XIII secolo, sopravvissuti ai secoli e giunti fino a noi con tutta la loro carica di umanità.
Facciamo un salto nella lontana Novgorod, che condivide con la mia cittadina il significato del nome (città nuova, la mia è in provincia di Macerata però, niente distese baltiche per me).
Novgorod fu una delle città più influenti dell'area nordica della Russia. Rivaleggiò con Kiev per l'importanza dei mercati e si oppose con grande efficacia alle mire espansionistiche dei vicini, come non ricordare la battaglia del lago Peipus, nel 1242, quando Aleksandr Jaroslavič Nevskij sconfisse il potente Ordine Teutonico e relativi alleati.
Fra i tanti primati -purtroppo anche negativi come la carestia che uccise più della metà della popolazione nel 1230- della città spicca la capillare diffusione della scolarizzazione fra i suoi abitanti. Sono infatti giunti fino a noi migliaia di scritti di uomini e donne comuni, anche di ceti sociali relativamente bassi. Anche il supporto di questi reperti è particolare, non si tratta infatti materiale d'archivio tradizionale, quello conservatosi fino ai nostri giorni.
Nell'età di mezza la carta era merce rara, quella prodotta dalla cellulosa ancora di più. Al suo posto venivano spesso utilizzati supporti quali pelli, foglie, tessuti, papiri. Era la disponibilità locale a stabilire il materiale principale sul quale consegnare all'eternità i propri pensieri. Nella Novgorod medievale si utilizzava, stando ai numerosi ritrovamenti, la corteccia degli alberi. La betulla in particolare era la fonte arborea principale.
La maggior parte di questi ritagli veniva utilizzata nell'immediato per poi essere gettata via nel fiume Volchov che attraversa la città. Impastati con il fondo limaccioso del corso d'acqua, sospinti verso le torbiere dei dintorni, i frammenti di corteccia sono arrivati fino a noi in numero considerevole. L'alfabeto degli scritti appartiene al periodo C di quello che è stato definito Antico Dialetto Novogorodiano (древненовгородский диалект) dal linguista russo Andrey Zaliznyak, una sorta di proto-cirillico. Fra tutti i frammenti ritrovati, dagli argomenti dei più disparati: si va dal semplice saluto agli appunti di un mercante, senza farci mancare atti giudiziari come la corteccia n.109.
Lettera da Žiznomir a Mikula: Hai comprato una schiava a Pskov. E adesso la principessa mi ha arrestato per questo. Ma adesso la mia famiglia ha garantito per me. E adesso mando una lettera a quell'uomo e gli chiedo se ha un'altra schiava. E voglio comprare un cavallo e farci sedere il magistrato e far iniziare uno svod [la procedura legale per tracciare un'intera catena di acquisti fino all'originale venditore e quindi il ladro]. E se non hai preso il denaro, non prendere niente da lui.
Di tutte le affascinanti storie, o frammenti di esse, che sono giunte fino a nostri giorni niente può battere le cortecce di Onfim, un bambino di circa otto-nove anni (forse meno, ma si è concordi nel ritenere difficile una maggiore età). Come moltissimi suoi coetanei odierni Ofim doveva trovare lunghe e tediose le ore di studio. Doveva essere proprio stancante scrivere e riscrivere interi salmi, la disciplina non sempre bastava a tenere a freno la fantasia. E per fortuna! Guardate che forza evocativa nei suoi disegni, che assoluta bellezza nella loro ingenuità e quanta umanità riescono a comunicarci!
Cavalieri al galoppo, Onfim è presumibilmente la figura più piccola. Delle serie "portatemi con voi!". Notare come abbia cercato una certa prospettiva nel disegnare il cavaliere più distante rispetto all'osservatore. Fantastico!
Esercizio di scrittura, poi ritratto della classe al completo. Onfim in testa? Noi della redazione pensiamo di sì!
Dettato su un lato, disegno sull'altro. Qui Onfim immagina un mostro sputa fuoco, la scritta nel rettangolo dice "Sono una bestia".
Altre scene di cavalli, Onfim adorava i cavalieri della milizia di Novgorod (e fra poco scopriremo anche perché). Qui si immagina guerriero che infilza un nemico con una lancia... Guardate che sguardo serio, concentrato, mentre mostra a quel cavaliere teutonico chi comanda!
Questi sono due esempi di quotidiano di Onfim: il primo a sinistra mostra, dopo il solito esercizio di dettato, il padre e la madre del bambino. L'altro è una scena di un gioco, sembrerebbe una sorta di nascondino, c'è un bambino ben visibile e un altro al centro, dietro un albero, che si nasconde.
Una battaglia in piena regola, con cavalieri e cadaveri sparsi qua e là.
Alcune foto delle cortecce originali.
Per concludere ecco la mia preferita.
Onfim aveva un eroe e ce lo mostra disegnandosi al suo fianco, in perfetta scala. In questo frammento eccolo sorridente con il padre. C'è una frase, qui non visibile, che tradotta recita così: "Questo è il mio papà. Lui è un guerriero. Quando sarò grande voglio diventare come lui."
Perfino il medievalista più incallito e distaccato durante le sue ricerche non può che sciogliersi dinnanzi all'infantile, meravigliosa, fantasia di questo bimbo.
L'avventura del Medioevo vi aspetta nei romanzi del Cavaliere Errante.
Nota
Per la verifica delle traduzioni della scrittura trovate in rete ho fatto riferimento al volume "Writing, Society and Culture in Early Rus, c.950–1300" di Simon Franklin, gentilmente fatto arrivare via posta internazionale dalla biblioteca di Civitanova Marche.
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